"E' un libro.
E' un film.
E' la notte.
La voce che parla qui è quella, scritta, del libro.
Voce cieca, senza volto.
Giovanissima.
Silenziosa."
Lei, la bambina con il cappello da uomo, truccata, esile, le scarpe di raso nero logore, una valigia di cartone "piccola, magra, ardita, difficile capirla, difficile dire chi è, povera, figlia di poveri, una voglia smisurata di leggere, insolente e libera", ferma sul traghetto che risale lento il fiume Mekong.
Lui, il Cinese senza nome, elegante nella macchina nera, che guarda e tace.
Da una parte una famiglia ridotta in miseria, un fratellino amatissimo, una madre fragile che ha perso tutto, un fratello che fa paura. Dall'altra le tradizioni cinesi immobili e inviolabili a cui è impossibile disobbedire. Tra lacrime, sorrisi, cielo di pioggia, notte buia e calda, pelle di seta, desiderio, odori e corpi che si mescolano al dolore e all'oblio dell'oppio, il racconto di un amore bello da soffrire, bello da vivere, da far male, un amore che è quasi un grido.
La scrittrice narra di nuova la storia del cinese e della bambina, la sua storia, ma stavolta prevalgono i dialoghi, gli stati d'animo, la narrazione diventa più dettagliata e ricca di riferimenti familiari autobiografici. Questo libro mi è piaciuto molto di più rispetto al precedente "l'amante" , troppo vago, sospeso, indefinito.
La scrittrice sente il bisogno di riscrivere di nuovo la storia di quell'amore lontano e mai dimenticato, sempre vivo nella memoria, soprattutto ora che lui è morto, per sottrarlo alle grinfie impietose del tempo. Quell'amore dolce, tenero, malinconico, lacerante, che ha il sapore acre dell'addio, che è musica sul mare, quell'amore impossibile tra una bambina bianca e un uomo cinese, un amore che vivrà per sempre nel ricordo e tra le pagine di un libro, un amore che se fosse musica sarebbe un valzer che si perde tra le onde, lento, nostalgico e disperato.
"A volte quando erano molto piccoli, la madre li portava a vedere la notte della stagione asciutta. Diceva loro di guardare bene il cielo, azzurro come in pieno giorno, la terra illuminata a perdita d'occhio.
Di ascoltare bene anche i rumori della notte, le voci della gente, le risate, i canti, i lamenti dei cani anche, ossessionati dalla morte; e bisognava ascoltare anche tutti quei richiami che dicevano l'inferno della solitudine e insieme la bellezza dei canti che dicevano questa solitudine. Che quello che di solito si teneva nascosto ai bambini, bisognava invece dirlo, dire il lavoro, le guerre, le separazioni, l'ingiustizia, la solitudine, la morte. Sì, questo lato della vita, infernale e irrimediabile insieme, si doveva insegnarlo ai bambini, come a guardare il cielo, la bellezza delle notti del mondo.
I bambini avevano chiesto spesso alla madre di spiegar loro cosa intendeva con questo e la madre aveva quasi sempre risposto ai figli che non sapeva, che nessuno lo sapeva. E che anche questo bisognava saperlo. Sapere questo prima di tutto: che non si sapeva niente. Che persino le madri che dicevano ai figli di sapere tutto, non sapevano."
Si stringe a lui che con un gesto leggero le fa posto sul petto.
Lui dice: "in tutta la vita sarai tu che avrò amato".
Lei si solleva.
Grida.
Come se non avesse sentito, lui la guarda, la guarda e dice:
"Tu sei il mio amore"
Lei gli dice che il suo odore, non lo dimenticherà mai. Lui dice che per lui sarà il suo corpo di bambina, violare ogni notte quel corpo magro. Ancora sacro, dice. Che mai più conoscerà quella felicità: disperata, smisurata, da uccidersi.
Lui dice: "in tutta la vita sarai tu che avrò amato".
Lei si solleva.
Grida.
Come se non avesse sentito, lui la guarda, la guarda e dice:
"Tu sei il mio amore"
Lei gli dice che il suo odore, non lo dimenticherà mai. Lui dice che per lui sarà il suo corpo di bambina, violare ogni notte quel corpo magro. Ancora sacro, dice. Che mai più conoscerà quella felicità: disperata, smisurata, da uccidersi.
E' sopraggiunto il lungo silenzio della notte che finisce.
E di nuovo una pioggia a dirotto si abbatte sulla città, sommerge le strade, i cuori.
Lui dice :
"Il monsone".
Lei chiede se fa bene alle risaie una pioggia tanto forte.
Lui dice che è la cosa migliore.
Lei alza gli occhi su quell'uomo, tra le lacrime lo guarda ancora e dice:
"E il mio amore sarai stato tu"
"Si. L'unico. Di tutta la tua vita."
Si ha paura. Sempre in quel momento si ha paura. Di tutto.
Di non rivedere mai più quella terra ingrata e quel cielo di pioggia, di dimenticarlo.
E poi ecco il motivo in voga, il valzer disperato della strada. Sempre musiche adatte alla partenza, nostalgiche e lente per cullare il dolore della separazione.
Il frastuono immobile delle macchine cresce, si fa assordante.
Lei continua a non guardarlo, niente.
Quando apre gli occhi per vederlo ancora, non c'è più.
Lei chiude gli occhi.
Nel buio degli occhi chiusi, ritrova l'odore della seta, del tussor di seta, della pelle, del tè, dell'oppio.
L'idea dell'odore. Quella della camera. Quella dei suoi occhi prigionieri sotto i baci di lei, la bambina.
E di nuovo una pioggia a dirotto si abbatte sulla città, sommerge le strade, i cuori.
Lui dice :
"Il monsone".
Lei chiede se fa bene alle risaie una pioggia tanto forte.
Lui dice che è la cosa migliore.
Lei alza gli occhi su quell'uomo, tra le lacrime lo guarda ancora e dice:
"E il mio amore sarai stato tu"
"Si. L'unico. Di tutta la tua vita."
Si ha paura. Sempre in quel momento si ha paura. Di tutto.
Di non rivedere mai più quella terra ingrata e quel cielo di pioggia, di dimenticarlo.
E poi ecco il motivo in voga, il valzer disperato della strada. Sempre musiche adatte alla partenza, nostalgiche e lente per cullare il dolore della separazione.
Il frastuono immobile delle macchine cresce, si fa assordante.
Lei continua a non guardarlo, niente.
Quando apre gli occhi per vederlo ancora, non c'è più.
Lei chiude gli occhi.
Nel buio degli occhi chiusi, ritrova l'odore della seta, del tussor di seta, della pelle, del tè, dell'oppio.
L'idea dell'odore. Quella della camera. Quella dei suoi occhi prigionieri sotto i baci di lei, la bambina.