domenica 12 gennaio 2025

American Psycho

 American Psycho, Bret Easton Ellis


Per stomaci forti e menti acute.

Un biglietto di sola andata per l'abisso.

Un incubo allucinato. Destinazione inferno. Straniante disturbante folle.

Ruvido, potente, politicamente scorretto, caustico, inquietante, allucinato, delirante.

Ellis disintegra la retorica melensa dei buoni sentimenti, portando alla luce le nevrosi e le ossessioni individuali e collettive della società massificata.

No, non esistono tempi per gli innocenti, qui va in scena il lato oscuro e crudele del sogno americano. 


***


"Ogni cosa finì per venirmi mortalmente a noia: l'alba, il tramonto, la vita degli eroi, l'amore, la guerra, le scoperte che gli uni fanno sugli altri. L'unica cosa che non mi annoiasse era, ovviamente, constatare quanti soldi guadagnasse Tim Price; e tuttavia, tant'era ovvio, mi annoiava anche questo. In me non albergava alcun sentimento chiaro e definito. Provavo solo, a fasi alterne, una smodata avidità e un totale disgusto. Avevo tutte le caratteristiche di un essere umano – carne, ossa, sangue, pelle, capelli – ma la mia spersonalizzazione era tanto intensa, era penetrata così in profondo, che non esisteva più in me la normale capacità di provare compassione. Questa era stata sradicata, cancellata del tutto. Io stavo semplicemente imitando la realtà; avevo una vaga somiglianza con un essere umano; solo un'area limitata del mio cervello funzionava ancora. Qualcosa di orribile stava accadendo, ma non riuscivo a capirne il motivo; non riuscivo neppure a capire di che cosa effettivamente si trattasse. L'unica cosa che avesse il potere di calmarmi era il tintinnio dei cubetti di ghiaccio dentro un bicchiere di whisky.


(...) Non mi è mai passato per la testa, a me, mai, che la gente possa essere buona, che uno possa mai cambiare in meglio, o che il mondo possa essere migliorato dall'amore, dal piacere che uno prova per uno sguardo o un gesto d'affetto; insomma, che l'amore o la gentilezza possano modificare alcunché. Non c'è mai stato nulla di positivo, nulla di affermativo, per me, frasi come "bontà d'animo", "generosità dello spirito" sono sempre state vuote, per me, vani stereotipi, scherzi di dubbio gusto. Il sesso si riduce a matematica. L'individualità è fuori questione. Che significato ha l'intelligenza? E la ragione, come definirla? Il desiderio: una cosa senza senso. L'intelletto è impotente. La giustizia è morta. Paura, recriminazione, innocenza, comprensione, senso di colpa, spreco, fallimento, dolore, sono tutte cose, emozioni, sentimenti, che nessuno prova più. La riflessione è inutile. Il mondo non ha nessun senso. Solo il male vi ha permanenza. Dio non è vivo. Dell'amore non ci si può fidare. Solo ciò che è superficiale conta qualcosa... Questa è la civiltà moderna, qual io la vedo e l'intendo... 


C'è un'idea di Patrick Bateman, una sorta di astrazione, ma non esiste un vero e proprio "me". 

C'è soltanto qualcosa di illusorio, al mio posto, un'entità che è anche possibile toccare con mano, sennonché io non ci sono. Puoi pure sentire la mia carne a contatto con la tua, e credere che i nostri stili di vita siano comparabili, ma io semplicemente non ci sono.

 Per me, è difficile avere un senso, a qualsiasi livello. Io sono un'invenzione, un'aberrazione. Sono un essere umano incoerente.

 La mia personalità è appena abbozzata, informe; solo la mia crudeltà è persistente e alligna nel profondo. La mia coscienza, la mia pietà, le mie speranze, sono scomparse molto tempo fa (probabilmente ad Harvard), se mai sono esistite. Non esistono più frontiere da varcare. Sono ormai al di là di ogni cosa. Sono assolutamente indifferente al male che ho fatto. Non me ne importa niente di ciò che ho in comune con i pazzi e gli energumeni, con i viziosi e i maligni. Tuttavia mi tengo ancora saldo a una singola, squallida verità: nessuno è al sicuro, nessuno si salva, non c'è redenzione per nessuno. Comunque, non mi si può biasimare. Si presume che qualsiasi modello di comportamento umano abbia una sua validità. Il male sta in quello che sei? O in quello che fai? La mia pena è costante, acuta, e io non spero in un mondo migliore, per alcuno. Anzi, voglio che la mia pena sia inflitta anche ad altri. Ma anche dopo aver ammesso questo (e io l'ho ammesso innumerevoli volte, pressoché in ogni atto che ho commesso), anche dopo essermi trovato a faccia a faccia con queste verità, non avviene la catarsi. Non acquisto una conoscenza più profonda di me stesso. Nessuna nuova comprensione si ricava da ciò che racconto. Non avevo, non ho nessun motivo per raccontarvi tutto questo. Questa mia confessione non significa assolutamente nulla..."




domenica 22 dicembre 2024

Buongiorno, mezzanotte

 In principio fu Emily Dickinson.


Buongiorno, mezzanotte



Buongiorno – Mezzanotte –

Torno a Casa –

Il Giorno – si è stancato di Me –

Come potrei Io – di Lui?


Si stava bene nella luce del Sole –

Mi piaceva restarci –

Ma il Mattino – non mi voleva –

Allora – Buonanotte – Giorno!


Posso almeno guardare – sì guardare –

Quando l’Oriente si fa Rosso?

Quando le Colline – hanno un che – nei tratti –

Che ti porta via il Cuore – lontano –


Tu – Mezzanotte –non sei così bella –

Avevo scelto – il Giorno –

Eppure ti prego- accogli la Ragazzina –

che il Giorno non ha voluto!


E poi Jean Rhys scrisse Buongiorno, mezzanotte.

 Un ossimoro dolce e feroce. 

Un grido lacerante, diario intimo, monologo interiore, flusso di pensieri imbizzarriti, appunti di viaggio di una donna non più giovane persa nella notte, che cerca di annegare il dolore, la solitudine, il vuoto spaventoso nell'alcol, nelle ombre dei caffè, negli incontri desolati e stanchi, negli amori polverosi, effimeri.

Un rossetto sbavato, una pelliccia logora, esistenze allo sbando, povere anime perdute, immensamente fragili, alla deriva.

 Alienate e sole. Allucinate e inquiete.

Come la Parigi degli anni trenta, i suoi cafè indolenti, le camere d'albergo sonnolente, quegli amori fugaci, tormentati, una donna che esplora la sua personalissima notte, tra stanchezza, depressione, malinconia e disincanto.

Un romanzo intenso e struggente.

Una ruga sulla fronte, una cicatrice, un urlo muto.


***


"Per favore, vi prego, monsieur e madame, signore, signora e signorina, ce la sto mettendo tutta per essere come voi. 

Non ci riesco e lo so. Ma ce la metto tutta. Tre ore per scegliere un cappello; a ogni risveglio, un'ora e mezzo per cercare di avere l'aspetto che hanno tutti gli altri. Ogni parola che dico ha una catena alla caviglia, ogni pensiero è gravato da grossi pesi. Da quando sono nata, ogni parola pronunciata, ogni moto, ogni pensiero pensato, tutto quello che ho fatto non è forse stato legato, gravato, forzato a terra con catene? E badate, so bene che il mio travestimento nonostante tutto non funziona. Oppure funziona, a sprazzi maledettamente bene. Troppo bene...

 Ma non m'importa. Pensate a me con un briciolo di pietà. Voglio dire, se ci riuscite, razza di scimmie, cosa di cui dubito."


"In quel momento mi si accostano due uomini e si mettono al mio fianco, uno per parte. Uno mi chiede: «Porquoi êtes-vous si triste?»

Sì, sono triste, triste come una leonessa da circo, come un’aquila senz’ali, come un violino con una corda sola e per di più rotta, come una donna che invecchia. Triste, triste, triste… Forse se ti dicessi solo «merde» basterebbe."


domenica 6 ottobre 2024

Il mondo deve sapere

 Il mondo deve sapere, Michela Murgia


"Guarda bene, ragazza. 

Se resti non permettergli mai di ridurti a pensare che vali solo quello che ti pagano."


Molti anni fa feci un colloquio di lavoro, l'annuncio era vago e nebuloso.

Intuii che qualcosa non andava quando il responsabile mi chiese "il bagagliaio della tua auto è grande"?

Lì mi accorsi che dietro il fumoso annuncio c'era proprio lui, il famigerato Kirby e il bagagliaio della mia macchina doveva essere abbastanza capiente per contenere l'ipertecnologico esemplare.

Eravamo in tanti, ragazzi e ragazze alle prime armi alla disperata ricerca di un lavoro, studenti, neo laureati, alcuni accompagnati dai genitori speranzosi, ma anche persone adulte, disoccupati di lungo corso e nessuno aveva capito di cosa si trattasse esattamente.

All'epoca avevo una 500 con un bagagliaio microscopico, la testa tra le nuvole e non ero interessata a vendere il miracoloso aspirapolvere americano a casalinghe annoiate e diffidenti.

L'avventura si concluse lì.


Il libro racconta proprio questo.

 Un'analisi lucida e ironica del pianeta call center.

In origine nato come blog, poi romanzo breve, in cui la scrittrice raccontava la sua tragicomica esperienza all'interno del call center del noto aspirapolvere.

Se alcuni call center sono essenziali per assistenza tecnica e quant'altro, altri rispecchiano purtroppo l'amara realtà descritta nel libro, da cui è stato tratto il celebre film Tutta la vita davanti.

Le frasi motivazionali imbarazzanti, come se bastasse una formula magica per risolvere un problema lavorativo complesso, il prendere di mira senza motivo una persona soltanto perché non piace la sua faccia, la logica del profitto a discapito della dignità umana e gli imbarazzanti co.co.co che ancora imperversano nell'inferno del sommerso e della disoccupazione.

Per non parlare della pressione psicologica, del mobbing strisciante, della svalutazione personale, del considerare l'essere umano un numero, prendendosela spesso con persone elette a capro espiatorio, come Fantozzi utilizzato a mo' di parafulmine aziendale (letteralmente), il tutto per vendere un aspirapolvere o un contratto, poco cambia. 

Se non vendi non è perché in alcuni casi è oggettivamente difficile se non impossibile raggiungere quegli standard di vendita, ma il problema sei tu e solo tu e te lo fanno capire e pesare in modo poco simpatico, per usare un eufemismo.

La scena riprodotta perfettamente nel film della ragazza sfigata e "improduttiva" cacciata via e bollata a mo' di esempio di "negatività" per tutte le altre ragazze, è emblematica.

Come se la presunta negatività della ragazza "il non avercela fatta" (a fare che?!?) fosse contagiosa per tutte le altre, un marchio indelebile.


Se volete farvi un'idea provare per credere, il famigerato aspirapolvere è ancora tra noi 😉


***

"Perchè la gente non realizza che davanti a cose del genere può anche dire semplicemente "vaffanculo"?




mercoledì 12 giugno 2024

Diari, Sylvia Plath


 Diari, Sylvia Plath

I Diari, frammenti dolorosi, pensieri sparsi, cronaca lucida e dettagliata di una vita che sta passando.

Sylvia la brillante studentessa, l'aspirante suicida, Lady Lazarus morta e risorta, l'appassionata, l'inquieta, la bambina che voleva essere Dio, la moglie ferita e tradita.

Un ritratto lucido e impietoso di Sylvia Plath, poetessa eccelsa, donna inquieta e tormentata, tra fantasmi e demoni interiori, mentre l'io ripete incessantemente la sua antica vanteria io sono io sono io sono e il cuore batte.

Ogni parola riflette la sua immagine, a tratti frantumata, sconvolta e in uno strano gioco di specchi anche la mia.

La sua voce diventa respiro universale, ancora oggi viva sotto il peso polveroso dei secoli, riecheggia dal passato, buca il presente, in un legame viscerale e simbiotico arriva fino a me a scuotermi e sconvolgermi.

Così vera, così forte, così lacerante.

Leggere Sylvia è tuffarsi nell'abisso.

Tic tac una vita sta passando, la mia.

***

Adesso si è fatto tardi, tardi. E mi prende il solito panico da inizio settimana, perché non riesco a leggere e a pensare abbastanza...mentre alle mie spalle c’è sempre il tic tac che mi deride: Una Vita Sta Passando. La Mia Vita.

Proprio così...

E mi sono bevuta tutto lo sherry, scadente, e ho spaccato un po’ di noci, che dentro erano tutte aspre e rinsecchite, e il mondo materiale e inerte mi prendeva in giro. Domani? Continuerò a rappezzare maschere, inventando scuse per aver letto solo la metà di quello che volevo.

 Eppure, una vita sta passando.

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Quante ragazze sognano di sposarsi dopo il college: guardale venticinque anni dopo, con gli occhi rugiadosi ormai raggelati, lo stesso aspetto, nessuna crescita tranne le escrescenze esteriori, simili a conchiglie di paguro. Sta’ attenta.


***

Stasera sono brutta. Ho perso ogni fiducia nella mia capacità di attirare i maschi, e nell’animale femmina questa è una malattia alquanto patetica. 

Ho una vita sociale pressoché nulla. L’unico legame con le uscite del sabato sera se n’è andato e non me n’è rimasto nessuno. Assolutamente nessuno.

 Non c’è un ragazzo che mi interessi e ovviamente il sentimento è reciproco. Cos’è che attira gli altri? Ero sicura del mio aspetto, sicura del mio magnetismo, e il mio ego era soddisfatto. 

Adesso, dopo tre appuntamenti al buio – due si sono rivelati un fiasco totale e anche il terzo si è afflosciato – mi chiedo come ho potuto mai pensare di essere appetibile. Ma nel mio intimo lo so. 

Ero sempre piena di brio e sicura di me. Non cambiavo umore, non ero noiosa o compunta.

 Ora capisco quello che voleva dire la protagonista di Celia Amberley, quando diceva: "Se mi bacia, vuol dire che andrà tutto bene. Sarò ancora attraente". 

Prima di tutto ho bisogno di un ragazzo, un ragazzo qualsiasi, che sia affascinato dal mio aspetto – uno come Emile. 

Poi ne cercherò uno autentico, che mi vada bene, all’istante. Fino ad allora sono perduta.

 A volte penso di essere pazza.


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L’astratto uccide, il concreto protegge. Quanto aiuta spolverare, lavare i piatti tutti i giorni, parlare con gli amici che non sono matti e spolverano, lavano e pensano che questa sia la vita che c’è da vivere.

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Per me il presente è l’eternità e l’eternità è sempre in movimento, scorre, si dissolve. Questo attimo è vita. E quando passa, muore. Ma non si può ricominciare a ogni nuovo attimo, ci si deve basare su quelli già morti. È un po’ come le sabbie mobili… senza scampo fin dall’inizio. Un racconto, un quadro possono far rivivere un poco la sensazione, ma mai abbastanza, mai abbastanza. Niente è reale, eccetto il presente, e io mi sento già soffocare sotto il peso dei secoli. Un centinaio di anni fa una ragazza ha vissuto come vivo io. Poi è morta. Io sono il presente, ma so che anch’io me ne andrò. L’istante sublime, la fiamma che consuma arriva e subito scompare: sabbie mobili, sempre.


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C’è qualcosa che mi sta aspettando. Forse un giorno avrò una rivelazione improvvisa e potrò vedere l’altra faccia di questo enorme, grottesco scherzo. E allora riderò. E saprò cos’è la vita.

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Se nelle canzonette si sostituisse la parola "amore" con "desiderio", ci si avvicinerebbe molto di più alla verità…Quale ironia. Sei un sogno: spero di non incontrarti mai. Ma il tuo braccialetto è il simbolo del mio sangue freddo, la mia scissione della sera. 

Ti amo perché tu sei me, quello che scrivo, il mio desiderio di vivere molte vite. Nel mio piccolo sarò un piccolo dio. 

Sulla scrivania, a casa, c’è il racconto più bello che io abbia mai scritto.

 Come posso dire a Bob che la mia felicità scaturisce dall’essermi separata da una parte della mia vita, una parte di dolore e bellezza, per trasformarla in parole scritte a macchina su un foglio? 

Come può sapere, lui, che io giustifico la mia vita, le mie forti emozioni, le mie sensazioni, trasferendole sulla carta stampata?


***

La scrittura è un rito religioso: è un ordine, una riforma, una rieducazione al riamore per gli altri e per il mondo come sono e come potrebbero essere. Una creazione che non svanisce come una giornata alla macchina da scrivere o in cattedra. La scrittura resta: va sola per il mondo. Tutti la leggono, vi reagiscono come si reagisce a una persona, a una filosofia, a una religione, a un fiore: può piacergli o meno. Può aiutarli o meno. 

La scrittura prova delle emozioni per dare intensità alla vita: offri di più, indaghi, chiedi, guardi, impari e modelli: ottieni di più: mostri, risposte, colore, forma e sapere. All’inizio è un atto gratuito. Se ti fa guadagnare tanto meglio. […] 

La cosa peggiore, peggiore di tutte, sarebbe vivere senza scrittura.

venerdì 7 giugno 2024

Cuore nero


 Cuore nero, Silvia Avallone

"Qui sei al sicuro" dissi.

"Ci sono venuta apposta."


Sassaia è un paese fantasma, isolato e inaccessibile, circondato da boschi e montagne impervie. 

Due anime appena, viuzze strette, case diroccate aggrappate l'una all'altra, un vecchio lavatoio, la notte buia che cala presto da quelle parti a spegnere il mondo.

Si arriva lassù inerpicandosi lungo una salita ripida, pietrosa, faticando e sudando, tra alberi che ghermiscono il cielo e quel silenzio vivo, palpitante.

Oltre l'orizzonte il cielo, che era un minuscolo rettangolo laggiù, sopra i tetti e i cancelli serrati di Bologna e quassù di colpo si spalanca immenso e dà le vertigini.

A Sassaia si va per lasciarsi tutto alle spalle, soprattutto il passato, ingombrante e difficile.

Inconfessabile. Incancellabile.

Come quello di Emilia, capelli rossi e lentiggini, lo sguardo vuoto di una stella spenta, smalto blu elettrico, jeans strappati, sigarette che fuma nervosamente. 

Esile e sfacciata, una fragilissima bulla di 30 anni.

Sassaia è il suo utero di pietra, la protegge e la fa sentire al sicuro "come in un sacco amniotico."

 Rannicchiata su se stessa, al riparo dal resto del mondo.

Il passato impossibile da dimenticare.

Come quello di Bruno, maestro elementare, barba incolta, occhi buoni, un giovane vecchio, che si è rintanato tra i monti per sfuggire al suo dolore.

Quel dolore che ti annienta, senza ritorno.

Ma il passato non si cancella, bisogna farci i conti prima o poi con quel dolore, quell'abisso, attraversarlo per poi riscoprirsi vivi. 

Miracolosamente vivi.

Anche se hai perso tutto per un crudele scherzo del destino, anche se hai un cuore marcio difficile da amare e comprendere.

Perdonando, perdonandosi.

Una trama avvincente, una scrittura che corre via veloce e cattura, tratteggiando quel paesaggio desolato, Sassaia luogo dell'anima, senza tempo, che esplora l'amore impossibile, l'amicizia tenace, la discesa agli inferi, la lenta risalita, la faticosa e impossibile rinascita.

Emilia e Bruno, due solitudini, due esistenze interrotte, due reduci della vita. Due cicatrici.

Il bene e il male. La colpa e il perdono.

La condanna e l'espiazione.

Emilia e Marta, amiche per sempre, oltre la notte.

E quell'amore che arriva anche se non vuoi a disarmarti il cuore.

 Accettando tutto il bene e tutto il male, il passato impossibile, quel cuore nero che spaventa e distrugge, quella rabbia distruttiva e selvaggia.

Amare e faticosamente custodire, avendo cura del bene fragilissimo che c'è in ognuno. Guardare nell'abisso dell'altro, nel suo orrore, provando a salvare il buono che c'è e a lasciar andare tutto il resto.

Perché siamo schegge impazzite di buio e luce. Perché si può rifiorire dopo il gelido inverno come gemme sotto la neve.

Come un miracolo.

***

"Finalmente la vedevo.

Era uno spettacolo commovente da spezzarmi il cuore.

Una ragazza.

Che ballava.

A lume di candela.

Con un detersivo spray in mano.

Nella casa di fronte.

Dispersa, insieme a me, tra le montagne."


"Una famiglia è una fune, Adelaide.

Un cavo d'acciaio che ti tiene, qualunque cosa accada.

Ti impedisce di perderti e dissolverti perché tu, in quell'aggancio, sei stato amato."

"Si rese conto che a realizzarli i desideri li tradisci anche."

"Ora ti sembrerà impossibile.

Ma io ti garantisco che tutto passa. 

E, se non può passare, cambia."


"Mi spinse verso il letto.

E io non volevo, e non volevo altro.

Quella sera non ci dicemmo niente. Qualsiasi parola sarebbe stata impossibile per entrambi, mentre stordirci l'uno contro il corpo dell'altra, era quasi una liberazione. 

Sentivo tutta la mia solitudine e la sua solitudine che si aggrappavano e si annientavano a vicenda su quella piazza e mezza che sapeva di chiuso, di bosco, di ricordi.

L'unico bagliore acceso tra le montagne.

Però adesso eravamo vivi. E io ero innamorato di lei senza sapere niente. E se avessi continuato a non sapere, la vita sarebbe stata un luogo perfetto. 

Come quella notte."

"L'amore può essere solo disubbidienza."

"Che non puoi amare qualcuno senza conoscere tutta la storia, specialmente il nero."

"Incapace di dormire, ascoltai a lungo il rumore del bosco, degli uccelli, del mondo che si risvegliava commovente, bellissimo, e ricominciava dopo l'inverno.

Di colpo mi accorsi di quanto tutto, tutto il bene contenuto in noi e nella materia, fosse precario e meraviglioso, degno di cura a qualsiasi costo.

Allora, cos'era il male?

 Il non saper perdonare."


martedì 4 luglio 2023

Canto della pianura


 "Sì, ma lei non capisce, disse la ragazza. Era gentile. Era gentile con me. Mi diceva certe cose.

Davvero?

Sì. Mi diceva certe cose.

Per esempio?

Per esempio una volta ha detto che ho dei begli occhi.

Ha detto che i miei occhi sono come diamanti che brillano in una notte stellata.

È vero, tesoro.

Ma nessuno me l'aveva mai detto.

No, disse Maggie. Non lo dicono mai."


"Mi sembra una follia andare a vivere laggiù con due vecchi.

È vero disse Maggie. Ma questi sono tempi folli.

Certe volte penso che non ci siano mai stati tempi più folli di questo."


(Canto della pianura, K. Haruf)


Questo libro è lieve e delicato come una piuma, uno stile limpido, malinconico, un sussurro tenue, una carezza leggera sulla pelle di quelle che non vanno via, un soffio di vento sul far della sera, un dono per i nostri occhi insonni e l'anima inquieta.

Una luce che brilla in fondo alla notte.

La forza della tenerezza.


mercoledì 27 luglio 2022

Tutto torna

 Tutto torna, Giulia Carcasi


"Vorrei aprire i barattoli di parole, vorrei che la realtà si riversasse nelle strade, randagia, e non si facesse prendere."

Diego è un professore universitario, introverso, meticoloso, razionale, lavora alla revisione di un vocabolario, insegna a Pisa e vive a Roma con la madre malata di alzheimer.
Vorrebbe racchiudere la realtà nei barattoli delle parole con cura e precisione. Ma le emozioni e i sentimenti non si può catalogarli e imbrigliarli, sfuggono all'ordine, sono caotici, prepotenti, irrazionali, illogici e nei barattoli ci stanno stretti, implodono.
Durante uno dei suoi viaggi di lavoro il treno si ferma improvvisamente in galleria al buio e lui sviene.
A riportarlo indietro sarà una voce dolce, calma, quella di Antonia che gli sussurra del mare, lo strappa al buio trasformando le ombre in onde.
Diego e Antonia.
Diego si tuffa in questa emozione nuova, senza nome, che ha il sapore di un gelato al pistacchio, di un film muto, di una giornata di pioggia.
Un amore quasi perfetto, ma a volte basta un dubbio che affiora, una menzogna a logorarlo, a incrinare la sua superficie e tutto crolla.
Eppure Diego non riesce a dimenticare, forse l'amore è più forte della trappola delle parole o forse alla fine decide la vita.
Ho sottolineato praticamente tutto il libro, molte di quelle frasi le sento mie, cucite addosso.
Uno stile diretto, incisivo, paratattico, senza fronzoli inutili, che evoca immagini nitide, che rimangono tatuate sulla pelle a lungo.
Tutto torna e tu?

***

"Mi avevano detto che tenere gli altri sulla porta è maleducazione e in questi anni sono stato maleducato.
Mi avevano detto che non concedersi è una forma d’egoismo e crederlo forse è stato meglio.
Adesso so che ogni volta che non ho chiesto a una persona “guardami per intero e sta’ attenta, quando mi fai una carezza accarezzi di me anche questa polvere, quando mi offendi, offendi di me anche questa ferita”, è stato per lasciare quella persona libera di accarezzare e offendere: non c’era altra soluzione per conservare il contatto e restare insieme.
Adesso so che nei metri quadri che non si rivelano, c’è lo spazio necessario alle manovre del dubbio e così procedono un’infinità di rapporti, se non tutti."

***

"Finché una persona non sa riusciamo a perdonarla se non capisce,
quando sa diventa imperdonabile.
Ho scoperto tardi e a mie spese che ci sono sforzi sostenibili da cui si esce migliori e sforbiciate che non ammettono riscatti.
Dà fastidio essere bravi quando la bravura è l’unica condizione di cui si è capaci.
E si impazzisce quando chi ami cambia per qualcosa che non dipende da te.
A distanza litigano e si riappacificano sulla base di come in quel preciso momento l’uno si raffigura l’altro.
Nessuno dei due avverte il bisogno di riempire il silenzio e non capisco se non abbiamo niente da dirci, se ci siamo già detti o se a nostra insaputa ci stiamo dicendo.
Se volere è come fare, perché vorrei vederti e non appari?
Forse assegno troppi compiti al destino.
Mi faccio molte domande su di te, a te invece ne faccio pochissime.
Il guaio è che più chiedo, più mi coinvolgo.
Non voglio sognare il suono della tua risata stanotte, tutto ciò che tu non sei ti allontana da me.
Non mi voglio ingannare, caccio i pensieri per accogliere te.
Voglio vederti solo quando vieni, quando vieni?
Voglio ascoltarti solo quando vieni, quando vieni?"

***

"Adesso so che non esistono cose che non vanno.
Le cose tutte, anche quelle che si tengono in pugno, vanno come devono andare.
Il problema è imparare ad aprire le mani.
Siamo stati unicamente noi a tenere le distanze o sono stati gli altri, anche e soprattutto a non entrare, a cambiare discorso per paura di finire in un pensiero più grande e senza scopo?
E’difficile coincidere con lo spazio nel quale proviamo a inserirci:
solo chi manca può riempire il vuoto che ha lasciato.
E lascio che tutto accada senza fare una mossa.
Sto esitando troppo e ogni giorno siamo più vicini, ma anche più vecchi.
C’è il rischio che quando troverò il coraggio, ti dirò di darmi un bacio e tu mi chiederai:
Cos’è un bacio?"