domenica 6 ottobre 2024

Il mondo deve sapere

 Il mondo deve sapere, Michela Murgia


"Guarda bene, ragazza. 

Se resti non permettergli mai di ridurti a pensare che vali solo quello che ti pagano."


Molti anni fa feci un colloquio di lavoro, l'annuncio era vago e nebuloso.

Intuii che qualcosa non andava quando il responsabile mi chiese "il bagagliaio della tua auto è grande"?

Lì mi accorsi che dietro il fumoso annuncio c'era proprio lui, il famigerato Kirby e il bagagliaio della mia macchina doveva essere abbastanza capiente per contenere l'ipertecnologico esemplare.

Eravamo in tanti, ragazzi e ragazze alle prime armi alla disperata ricerca di un lavoro, studenti, neo laureati, alcuni accompagnati dai genitori speranzosi, ma anche persone adulte, disoccupati di lungo corso e nessuno aveva capito di cosa si trattasse esattamente.

All'epoca avevo una 500 con un bagagliaio microscopico, la testa tra le nuvole e non ero interessata a vendere il miracoloso aspirapolvere americano a casalinghe annoiate e diffidenti.

L'avventura si concluse lì.


Il libro racconta proprio questo.

 Un'analisi lucida e ironica del pianeta call center.

In origine nato come blog, poi romanzo breve, in cui la scrittrice raccontava la sua tragicomica esperienza all'interno del call center del noto aspirapolvere.

Se alcuni call center sono essenziali per assistenza tecnica e quant'altro, altri rispecchiano purtroppo l'amara realtà descritta nel libro, da cui è stato tratto il celebre film Tutta la vita davanti.

Le frasi motivazionali imbarazzanti, come se bastasse una formula magica per risolvere un problema lavorativo complesso, il prendere di mira senza motivo una persona soltanto perché non piace la sua faccia, la logica del profitto a discapito della dignità umana e gli imbarazzanti co.co.co che ancora imperversano nell'inferno del sommerso e della disoccupazione.

Per non parlare della pressione psicologica, del mobbing strisciante, della svalutazione personale, del considerare l'essere umano un numero, prendendosela spesso con persone elette a capro espiatorio, come Fantozzi utilizzato a mo' di parafulmine aziendale (letteralmente), il tutto per vendere un aspirapolvere o un contratto, poco cambia. 

Se non vendi non è perché in alcuni casi è oggettivamente difficile se non impossibile raggiungere quegli standard di vendita, ma il problema sei tu e solo tu e te lo fanno capire e pesare in modo poco simpatico, per usare un eufemismo.

La scena riprodotta perfettamente nel film della ragazza sfigata e "improduttiva" cacciata via e bollata a mo' di esempio di "negatività" per tutte le altre ragazze, è emblematica.

Come se la presunta negatività della ragazza "il non avercela fatta" (a fare che?!?) fosse contagiosa per tutte le altre, un marchio indelebile.


Se volete farvi un'idea provare per credere, il famigerato aspirapolvere è ancora tra noi 😉


***

"Perchè la gente non realizza che davanti a cose del genere può anche dire semplicemente "vaffanculo"?




mercoledì 12 giugno 2024

Diari, Sylvia Plath


 Diari, Sylvia Plath

I Diari, frammenti dolorosi, pensieri sparsi, cronaca lucida e dettagliata di una vita che sta passando.

Sylvia la brillante studentessa, l'aspirante suicida, Lady Lazarus morta e risorta, l'appassionata, l'inquieta, la bambina che voleva essere Dio, la moglie ferita e tradita.

Un ritratto lucido e impietoso di Sylvia Plath, poetessa eccelsa, donna inquieta e tormentata, tra fantasmi e demoni interiori, mentre l'io ripete incessantemente la sua antica vanteria io sono io sono io sono e il cuore batte.

Ogni parola riflette la sua immagine, a tratti frantumata, sconvolta e in uno strano gioco di specchi anche la mia.

La sua voce diventa respiro universale, ancora oggi viva sotto il peso polveroso dei secoli, riecheggia dal passato, buca il presente, in un legame viscerale e simbiotico arriva fino a me a scuotermi e sconvolgermi.

Così vera, così forte, così lacerante.

Leggere Sylvia è tuffarsi nell'abisso.

Tic tac una vita sta passando, la mia.

***

Adesso si è fatto tardi, tardi. E mi prende il solito panico da inizio settimana, perché non riesco a leggere e a pensare abbastanza...mentre alle mie spalle c’è sempre il tic tac che mi deride: Una Vita Sta Passando. La Mia Vita.

Proprio così...

E mi sono bevuta tutto lo sherry, scadente, e ho spaccato un po’ di noci, che dentro erano tutte aspre e rinsecchite, e il mondo materiale e inerte mi prendeva in giro. Domani? Continuerò a rappezzare maschere, inventando scuse per aver letto solo la metà di quello che volevo.

 Eppure, una vita sta passando.

***

Quante ragazze sognano di sposarsi dopo il college: guardale venticinque anni dopo, con gli occhi rugiadosi ormai raggelati, lo stesso aspetto, nessuna crescita tranne le escrescenze esteriori, simili a conchiglie di paguro. Sta’ attenta.


***

Stasera sono brutta. Ho perso ogni fiducia nella mia capacità di attirare i maschi, e nell’animale femmina questa è una malattia alquanto patetica. 

Ho una vita sociale pressoché nulla. L’unico legame con le uscite del sabato sera se n’è andato e non me n’è rimasto nessuno. Assolutamente nessuno.

 Non c’è un ragazzo che mi interessi e ovviamente il sentimento è reciproco. Cos’è che attira gli altri? Ero sicura del mio aspetto, sicura del mio magnetismo, e il mio ego era soddisfatto. 

Adesso, dopo tre appuntamenti al buio – due si sono rivelati un fiasco totale e anche il terzo si è afflosciato – mi chiedo come ho potuto mai pensare di essere appetibile. Ma nel mio intimo lo so. 

Ero sempre piena di brio e sicura di me. Non cambiavo umore, non ero noiosa o compunta.

 Ora capisco quello che voleva dire la protagonista di Celia Amberley, quando diceva: "Se mi bacia, vuol dire che andrà tutto bene. Sarò ancora attraente". 

Prima di tutto ho bisogno di un ragazzo, un ragazzo qualsiasi, che sia affascinato dal mio aspetto – uno come Emile. 

Poi ne cercherò uno autentico, che mi vada bene, all’istante. Fino ad allora sono perduta.

 A volte penso di essere pazza.


***

L’astratto uccide, il concreto protegge. Quanto aiuta spolverare, lavare i piatti tutti i giorni, parlare con gli amici che non sono matti e spolverano, lavano e pensano che questa sia la vita che c’è da vivere.

***

Per me il presente è l’eternità e l’eternità è sempre in movimento, scorre, si dissolve. Questo attimo è vita. E quando passa, muore. Ma non si può ricominciare a ogni nuovo attimo, ci si deve basare su quelli già morti. È un po’ come le sabbie mobili… senza scampo fin dall’inizio. Un racconto, un quadro possono far rivivere un poco la sensazione, ma mai abbastanza, mai abbastanza. Niente è reale, eccetto il presente, e io mi sento già soffocare sotto il peso dei secoli. Un centinaio di anni fa una ragazza ha vissuto come vivo io. Poi è morta. Io sono il presente, ma so che anch’io me ne andrò. L’istante sublime, la fiamma che consuma arriva e subito scompare: sabbie mobili, sempre.


***

C’è qualcosa che mi sta aspettando. Forse un giorno avrò una rivelazione improvvisa e potrò vedere l’altra faccia di questo enorme, grottesco scherzo. E allora riderò. E saprò cos’è la vita.

***

Se nelle canzonette si sostituisse la parola "amore" con "desiderio", ci si avvicinerebbe molto di più alla verità…Quale ironia. Sei un sogno: spero di non incontrarti mai. Ma il tuo braccialetto è il simbolo del mio sangue freddo, la mia scissione della sera. 

Ti amo perché tu sei me, quello che scrivo, il mio desiderio di vivere molte vite. Nel mio piccolo sarò un piccolo dio. 

Sulla scrivania, a casa, c’è il racconto più bello che io abbia mai scritto.

 Come posso dire a Bob che la mia felicità scaturisce dall’essermi separata da una parte della mia vita, una parte di dolore e bellezza, per trasformarla in parole scritte a macchina su un foglio? 

Come può sapere, lui, che io giustifico la mia vita, le mie forti emozioni, le mie sensazioni, trasferendole sulla carta stampata?


***

La scrittura è un rito religioso: è un ordine, una riforma, una rieducazione al riamore per gli altri e per il mondo come sono e come potrebbero essere. Una creazione che non svanisce come una giornata alla macchina da scrivere o in cattedra. La scrittura resta: va sola per il mondo. Tutti la leggono, vi reagiscono come si reagisce a una persona, a una filosofia, a una religione, a un fiore: può piacergli o meno. Può aiutarli o meno. 

La scrittura prova delle emozioni per dare intensità alla vita: offri di più, indaghi, chiedi, guardi, impari e modelli: ottieni di più: mostri, risposte, colore, forma e sapere. All’inizio è un atto gratuito. Se ti fa guadagnare tanto meglio. […] 

La cosa peggiore, peggiore di tutte, sarebbe vivere senza scrittura.

venerdì 7 giugno 2024

Cuore nero


 Cuore nero, Silvia Avallone

"Qui sei al sicuro" dissi.

"Ci sono venuta apposta."


Sassaia è un paese fantasma, isolato e inaccessibile, circondato da boschi e montagne impervie. 

Due anime appena, viuzze strette, case diroccate aggrappate l'una all'altra, un vecchio lavatoio, la notte buia che cala presto da quelle parti a spegnere il mondo.

Si arriva lassù inerpicandosi lungo una salita ripida, pietrosa, faticando e sudando, tra alberi che ghermiscono il cielo e quel silenzio vivo, palpitante.

Oltre l'orizzonte il cielo, che era un minuscolo rettangolo laggiù, sopra i tetti e i cancelli serrati di Bologna e quassù di colpo si spalanca immenso e dà le vertigini.

A Sassaia si va per lasciarsi tutto alle spalle, soprattutto il passato, ingombrante e difficile.

Inconfessabile. Incancellabile.

Come quello di Emilia, capelli rossi e lentiggini, lo sguardo vuoto di una stella spenta, smalto blu elettrico, jeans strappati, sigarette che fuma nervosamente. 

Esile e sfacciata, una fragilissima bulla di 30 anni.

Sassaia è il suo utero di pietra, la protegge e la fa sentire al sicuro "come in un sacco amniotico."

 Rannicchiata su se stessa, al riparo dal resto del mondo.

Il passato impossibile da dimenticare.

Come quello di Bruno, maestro elementare, barba incolta, occhi buoni, un giovane vecchio, che si è rintanato tra i monti per sfuggire al suo dolore.

Quel dolore che ti annienta, senza ritorno.

Ma il passato non si cancella, bisogna farci i conti prima o poi con quel dolore, quell'abisso, attraversarlo per poi riscoprirsi vivi. 

Miracolosamente vivi.

Anche se hai perso tutto per un crudele scherzo del destino, anche se hai un cuore marcio difficile da amare e comprendere.

Perdonando, perdonandosi.

Una trama avvincente, una scrittura che corre via veloce e cattura, tratteggiando quel paesaggio desolato, Sassaia luogo dell'anima, senza tempo, che esplora l'amore impossibile, l'amicizia tenace, la discesa agli inferi, la lenta risalita, la faticosa e impossibile rinascita.

Emilia e Bruno, due solitudini, due esistenze interrotte, due reduci della vita. Due cicatrici.

Il bene e il male. La colpa e il perdono.

La condanna e l'espiazione.

Emilia e Marta, amiche per sempre, oltre la notte.

E quell'amore che arriva anche se non vuoi a disarmarti il cuore.

 Accettando tutto il bene e tutto il male, il passato impossibile, quel cuore nero che spaventa e distrugge, quella rabbia distruttiva e selvaggia.

Amare e faticosamente custodire, avendo cura del bene fragilissimo che c'è in ognuno. Guardare nell'abisso dell'altro, nel suo orrore, provando a salvare il buono che c'è e a lasciar andare tutto il resto.

Perché siamo schegge impazzite di buio e luce. Perché si può rifiorire dopo il gelido inverno come gemme sotto la neve.

Come un miracolo.

***

"Finalmente la vedevo.

Era uno spettacolo commovente da spezzarmi il cuore.

Una ragazza.

Che ballava.

A lume di candela.

Con un detersivo spray in mano.

Nella casa di fronte.

Dispersa, insieme a me, tra le montagne."


"Una famiglia è una fune, Adelaide.

Un cavo d'acciaio che ti tiene, qualunque cosa accada.

Ti impedisce di perderti e dissolverti perché tu, in quell'aggancio, sei stato amato."

"Si rese conto che a realizzarli i desideri li tradisci anche."

"Ora ti sembrerà impossibile.

Ma io ti garantisco che tutto passa. 

E, se non può passare, cambia."


"Mi spinse verso il letto.

E io non volevo, e non volevo altro.

Quella sera non ci dicemmo niente. Qualsiasi parola sarebbe stata impossibile per entrambi, mentre stordirci l'uno contro il corpo dell'altra, era quasi una liberazione. 

Sentivo tutta la mia solitudine e la sua solitudine che si aggrappavano e si annientavano a vicenda su quella piazza e mezza che sapeva di chiuso, di bosco, di ricordi.

L'unico bagliore acceso tra le montagne.

Però adesso eravamo vivi. E io ero innamorato di lei senza sapere niente. E se avessi continuato a non sapere, la vita sarebbe stata un luogo perfetto. 

Come quella notte."

"L'amore può essere solo disubbidienza."

"Che non puoi amare qualcuno senza conoscere tutta la storia, specialmente il nero."

"Incapace di dormire, ascoltai a lungo il rumore del bosco, degli uccelli, del mondo che si risvegliava commovente, bellissimo, e ricominciava dopo l'inverno.

Di colpo mi accorsi di quanto tutto, tutto il bene contenuto in noi e nella materia, fosse precario e meraviglioso, degno di cura a qualsiasi costo.

Allora, cos'era il male?

 Il non saper perdonare."


martedì 4 luglio 2023

Canto della pianura


 "Sì, ma lei non capisce, disse la ragazza. Era gentile. Era gentile con me. Mi diceva certe cose.

Davvero?

Sì. Mi diceva certe cose.

Per esempio?

Per esempio una volta ha detto che ho dei begli occhi.

Ha detto che i miei occhi sono come diamanti che brillano in una notte stellata.

È vero, tesoro.

Ma nessuno me l'aveva mai detto.

No, disse Maggie. Non lo dicono mai."


"Mi sembra una follia andare a vivere laggiù con due vecchi.

È vero disse Maggie. Ma questi sono tempi folli.

Certe volte penso che non ci siano mai stati tempi più folli di questo."


(Canto della pianura, K. Haruf)


Questo libro è lieve e delicato come una piuma, uno stile limpido, malinconico, un sussurro tenue, una carezza leggera sulla pelle di quelle che non vanno via, un soffio di vento sul far della sera, un dono per i nostri occhi insonni e l'anima inquieta.

Una luce che brilla in fondo alla notte.

La forza della tenerezza.


mercoledì 27 luglio 2022

Tutto torna

 Tutto torna, Giulia Carcasi


"Vorrei aprire i barattoli di parole, vorrei che la realtà si riversasse nelle strade, randagia, e non si facesse prendere."

Diego è un professore universitario, introverso, meticoloso, razionale, lavora alla revisione di un vocabolario, insegna a Pisa e vive a Roma con la madre malata di alzheimer.
Vorrebbe racchiudere la realtà nei barattoli delle parole con cura e precisione. Ma le emozioni e i sentimenti non si può catalogarli e imbrigliarli, sfuggono all'ordine, sono caotici, prepotenti, irrazionali, illogici e nei barattoli ci stanno stretti, implodono.
Durante uno dei suoi viaggi di lavoro il treno si ferma improvvisamente in galleria al buio e lui sviene.
A riportarlo indietro sarà una voce dolce, calma, quella di Antonia che gli sussurra del mare, lo strappa al buio trasformando le ombre in onde.
Diego e Antonia.
Diego si tuffa in questa emozione nuova, senza nome, che ha il sapore di un gelato al pistacchio, di un film muto, di una giornata di pioggia.
Un amore quasi perfetto, ma a volte basta un dubbio che affiora, una menzogna a logorarlo, a incrinare la sua superficie e tutto crolla.
Eppure Diego non riesce a dimenticare, forse l'amore è più forte della trappola delle parole o forse alla fine decide la vita.
Ho sottolineato praticamente tutto il libro, molte di quelle frasi le sento mie, cucite addosso.
Uno stile diretto, incisivo, paratattico, senza fronzoli inutili, che evoca immagini nitide, che rimangono tatuate sulla pelle a lungo.
Tutto torna e tu?

***

"Mi avevano detto che tenere gli altri sulla porta è maleducazione e in questi anni sono stato maleducato.
Mi avevano detto che non concedersi è una forma d’egoismo e crederlo forse è stato meglio.
Adesso so che ogni volta che non ho chiesto a una persona “guardami per intero e sta’ attenta, quando mi fai una carezza accarezzi di me anche questa polvere, quando mi offendi, offendi di me anche questa ferita”, è stato per lasciare quella persona libera di accarezzare e offendere: non c’era altra soluzione per conservare il contatto e restare insieme.
Adesso so che nei metri quadri che non si rivelano, c’è lo spazio necessario alle manovre del dubbio e così procedono un’infinità di rapporti, se non tutti."

***

"Finché una persona non sa riusciamo a perdonarla se non capisce,
quando sa diventa imperdonabile.
Ho scoperto tardi e a mie spese che ci sono sforzi sostenibili da cui si esce migliori e sforbiciate che non ammettono riscatti.
Dà fastidio essere bravi quando la bravura è l’unica condizione di cui si è capaci.
E si impazzisce quando chi ami cambia per qualcosa che non dipende da te.
A distanza litigano e si riappacificano sulla base di come in quel preciso momento l’uno si raffigura l’altro.
Nessuno dei due avverte il bisogno di riempire il silenzio e non capisco se non abbiamo niente da dirci, se ci siamo già detti o se a nostra insaputa ci stiamo dicendo.
Se volere è come fare, perché vorrei vederti e non appari?
Forse assegno troppi compiti al destino.
Mi faccio molte domande su di te, a te invece ne faccio pochissime.
Il guaio è che più chiedo, più mi coinvolgo.
Non voglio sognare il suono della tua risata stanotte, tutto ciò che tu non sei ti allontana da me.
Non mi voglio ingannare, caccio i pensieri per accogliere te.
Voglio vederti solo quando vieni, quando vieni?
Voglio ascoltarti solo quando vieni, quando vieni?"

***

"Adesso so che non esistono cose che non vanno.
Le cose tutte, anche quelle che si tengono in pugno, vanno come devono andare.
Il problema è imparare ad aprire le mani.
Siamo stati unicamente noi a tenere le distanze o sono stati gli altri, anche e soprattutto a non entrare, a cambiare discorso per paura di finire in un pensiero più grande e senza scopo?
E’difficile coincidere con lo spazio nel quale proviamo a inserirci:
solo chi manca può riempire il vuoto che ha lasciato.
E lascio che tutto accada senza fare una mossa.
Sto esitando troppo e ogni giorno siamo più vicini, ma anche più vecchi.
C’è il rischio che quando troverò il coraggio, ti dirò di darmi un bacio e tu mi chiederai:
Cos’è un bacio?"





lunedì 8 febbraio 2021

La straniera

 La straniera, Claudia Durastanti

"Quando tutto cade, indomito l'amore resta."
(Auto)Biografia, romanzo, memoir familiare, diario, flusso ininterrotto di pensieri, ricordi, viaggi fisici e dell'anima, un libro fiume dove il tempo si dilata dal passato al presente, procedendo a balzi, flash improvvisi.
Sei sezioni (Famiglia, Viaggi, Salute, Lavoro e Denaro, Amore, Di che segno sei) quasi fossero un oroscopo per scandagliare l'abisso dei ricordi.
Claudia, voce narrante, è la nipote di emigranti coraggiosi e impavidi, dalla Basilicata a Brooklyn con furore.
Figlia di due genitori sordi, ribelli, impulsivi, girovaghi, fuori dagli schemi, che concordano su una cosa soltanto: il giorno in cui si sono incontrati per caso a Trastevere si sono salvati la vita a vicenda.
Claudia nasce a Brooklyn in una notte d'estate, balla la tarantella in uno scantinato con il nonno e i suoi pittoreschi parenti italoamericani, a cinque anni contrabbanda mozzarelle, torna in Italia dopo il burrascoso divorzio dei genitori e va a vivere in un minuscolo paesino della Basilicata, dove ci sono pietre al posto dell'asfalto e più capi di bestiame che persone, inseguendo un'improbabile rotta migratoria al contrario e due genitori folli, dalla grande America, terra di mille sogni e speranze al deserto di polvere e solitudine di un paesino lucano dai tramonti rosso sangue, per poi approdare da adulta a Londra inseguendo un sogno d'amore e libertà.
Claudia che da bambina salta la scuola, legge in soffitta o sui tetti, cammina per chilometri nei terreni paludosi, impara l'italiano da Tex e Topolino ma soprattutto dal fratello, la prima persona che ha amato visceralmente, che non riesce a pensare alla sua infanzia e ai deliri assurdi dei suoi genitori sfociati a volte nella violenza senza riderne.
Claudia che sente il bisogno di fuggire, inseguendo nuove rotte migratorie per studio, libertà e amore, America, Europa, India e Inghilterra, paesi così diversi e speculari.
Andata e ritorno. Il futuro dietro ogni partenza.
Claudia la straniera, la "figlia della muta", la viaggiatrice inquieta.
Claudia ci racconta la sua infanzia, l'adolescenza, il divorzio dei genitori, la musica, i libri, i film preferiti, da King alla Pivano, la sua migliore amica, dai R.E.M. a John Cage, da Beverly Hills 90210 (Dylan I love you) a Prima dell'alba, ma anche l'amore vissuto come riconoscimento reciproco, la ricerca di un linguaggio che le appartenga e possa in qualche modo affrancarla dal caos.
Un linguaggio preciso, nitido, privo di inflessioni dialettali, così lontano dalla lingua rotta e imperfetta di sua madre.
Ma Straniera è soprattutto la madre di Claudia, la strega, l'eremita, la matta dai capelli neri e il sorriso sfacciato, selvaggia, ribelle e libera, diventata sorda da piccola, cresciuta in collegio dalle suore e poi per le strade di Roma, fino all'incontro con il padre della scrittrice, temperamenti vulcanici destinati a esplodere e fondersi in una strana alchimia, entrambi decisi nel rifiutare la lingua dei segni, ostinati, caparbi nel vivere la propria disabilità con incoscienza e passione.
Caviale e asciugamani rubati negli alberghi, abiti da sera e graffi sul collo. Bravissimi nel salvarsi e distruggersi a vicenda.
Entrambi vissuti in una bolla di silenzio, rotta da scoppi improvvisi d'ira e passione furente.
La madre pittrice, girovaga, libera soltanto nelle foreste e per le strade quando non si sente aggredita alle spalle, il padre fuori dagli schemi, appassionato di cinema, bellissimo, inquieto, distante anni luce da quei padri affettuosi e protettivi che "toccavano le figlie come mio padre non toccava me", un padre per cui lei sente di non essere abbastanza, un rapporto precario, labile, conflittuale e irrisolto, fatto di assenze e colpi di testa.
Claudia cresce cercando la sua strada, tentando di affrancarsi dai suoi genitori incasinati, studia antropologia all'università di Roma, muove i primi passi nel mondo del lavoro, si trasferisce a Londra, sperimentando un inadeguato senso di appartenenza, scoprendo giovanissima l'amore, amore che è riconoscersi, appartenersi, imprimersi l'uno nel corpo dell'altro, fondersi in un tutt'uno, un legame simbiotico e assoluto, quasi impossibile da scindere.
Mentre la vita procede a strappi e lascia cicatrici.
Un libro che mi è piaciuto moltissimo, per come è scritto, per quello che racconta.
Un puzzle di frammenti sparsi che lentamente si ricompongono.
Una finestra aperta sul passato da cui sbirciare il presente e forse il futuro, una scrittura nitida, curata, a tratti ironica, purissima e straniante che non fa sconti, scandaglia i recessi della memoria, riflette sul linguaggio, una mutilazione, sull'arte, riscatto dalla diversità e dalla solitudine, sull'amore, faticoso e imprescindibile, sui rapporti familiari, burrascosi e difficili, sulla disabilità, sul sentirsi diversa, straniera, estraniata, la ricerca continua di un posto nel mondo che corre sempre più veloce, il diventare adulta quando misurare la distanza da casa diventa impossibile.
La straniera racconta la vita, l'amore, la famiglia, la ricerca di libertà, da un'infanzia degna di Dickens all'età adulta, la voglia di riscatto.
Claudia forte, nuvolosa, cittadina del mondo.
L'amore per i propri folli genitori, per il fratello "il suo primo specchio", per quel ragazzo gracile che doveva durare una vita intera, l'amore per la scrittura, la traduzione, le parole, i libri, la musica, i viaggi, amore che è anche coraggio, avventura, libertà, paura, ombra, desiderio, oltrepassare la soglia.
"Quando tutto cade, indomito l'amore resta" o forse era coraggio.
Questo libro è una cosa astratta.
Colonna sonora: Ain't no cure for love, Leonard Cohen.

***

"Poi un giorno, mentre stava per mettere alla prova le sue capacità di nuoto in un fiume inquinato e rivoltante, una ragazza lo aveva preso tra le braccia e lui aveva scoperto che per tutta la vita era andato alla ricerca di un suo simile. Una persona che non voleva affrontare la disabilità con coraggio o dignità, ma con incoscienza."

"Ma anche quel corpo che gli appariva così bello e funzionale sarebbe franato prima o poi. I disabili, qualsiasi parola per definirli è insufficiente, inadeguata, sono una maggioranza nascosta: nonostante le macchine e le protesi intente a provare che la morte non esiste, quasi tutti con il tempo perderemo un super potere, che sia la vista, un braccio o la memoria.
L'incapacità di fare cose che dovremmo saper fare, l'impossibilità di vedere, sentire, ricordare o camminare non è un'eccezione quanto una destinazione.
Diventiamo tutti disabili, prima o poi. lo sarebbero diventate quelle ragazzine, quelle vedove che lo avevano reso dipendente dal sesso: rispetto a loro, mio padre veniva semplicemente dal futuro."

"La storia di una famiglia somiglia più a una cartina topografica che a un romanzo, e una biografia è la somma di tutte le ere geologiche che hai attraversato. Scrivere te stessa significa ricordare che sei nata con rabbia e sei stata una colata lavica densa e continua, prima che la tua crosta si indurisse e si spaccasse per lasciar affiorare una specie di amore, o che la forza inutile del perdono venisse a levigarti e ad appiattire ogni tuo avvallamento. Rileggere te stessa significa inventare quello che hai passato, individuare ogni strato di cui sei composta: i cristalli di gioia o di solitudine sul fondo, le conseguenze di una memoria che è evaporata, tutto ciò che è stato scavato e poi inondato, solo per renderti conto che non è vero che il tempo guarisce: c'è una frattura che non verrà mai riempita. L'unica cosa che fa il tempo è portare con sé polvere ed erbacce, in modo che quella crepa venga ricoperta fino a trasformarsi in un paesaggio diverso, lontano, quasi fiabesco, in cui si parla un idioma che non conosci più, credibile come l'elfico. Passeggi sulle rovine della tua famiglia e ti accorgi che alcune parole sono state cancellate ma altre sono state salvate, alcune sono sparite mentre altre faranno sempre parte del tuo riverbero, e poi finalmente arrivi al margine di tuo padre e di tua madre, dopo anni in cui hai creduto che morire o impazzire fosse l'unico modo per essere alla loro altezza. E lì capisci che tutto nel tuo sangue è un richiamo, e tu sei solo l'eco di una mitologia anteriore."

"Possiamo fallire una storia d'amore, il rapporto con una madre. Ma quando una città ci respinge, quando non riusciamo a entrare nei suoi meccanismi più profondi e siamo sempre dall'altra parte del vetro, subentra una sensazione frustrata di merito, che può farsi malattia. Straniero è una parola bellissima, se nessuno ti costringe a esserlo; il resto del tempo, è solo il sinonimo di una mutilazione, e un colpo di pistola che ci siamo sparati da soli."

"Il linguaggio è una tecnologia che rivela il mondo: le parole sono fiammelle che accostiamo all'indicibile per farlo apparire, come se la realtà fosse scritta in inchiostro simpatico, e quando non ci sono le parole, sono i gesti a rendere possibile questa traduzione. Forse è per questo che ho cercato di imparare a usarle: al silenzio e all'ombra bianca che avanza, io ho opposto pagine scritte e i miei genitori una corda vocale stanca. A volte ci siamo fatti malissimo, ma lo sforzo è stato capirsi.
Non posso costruire una stanza semianecoica per fingere che il silenzio che condividiamo sia lo stesso, ma come John Cage, posso dire a mia madre del suono del mio sangue, e lei può dirmi di quello del suo."

"Mia madre è sempre la stessa, ma io sono stata la figlia di donne diverse. All'inizio era un'handicappata. Poi è diventata una disabile. Per attimi è stata una donna diversamente abile, ma tutti siamo diversamente abili. A un certo punto non era che una pazza. Oggi è una persona che sta su internet."



giovedì 19 novembre 2020

Quasi tutto velocissimo

 Quasi tutto velocissimo, Christopher Kloeble

Fred e Albert, padre e figlio, un rapporto speciale il loro, unico, indissolubile.
Albert diciannove anni vissuti in un orfanotrofio, cerca da tutta la vita sua madre ma si imbatte soltanto in indizi indecifrabili, tessere scomposte di un puzzle che non sembrano portare a nulla, briciole di Hansel come le definisce Klondi, la vicina di casa, che non ti fanno ritrovare la strada se ti sei smarrito nel buio.
Albert riflessivo e intelligente da sempre fa da padre a Fred, è lui che gli ha insegnato a nuotare, ad andare in bicicletta, a non aver paura dei temporali e non viceversa.
Albert e una vita molto complicata.
Fred alto e slanciato, uno spilungone sessantenne dagli occhi verdi, un bambino intrappolato nel corpo di un uomo adulto, Fred che ama studiare nuovi vocaboli sul dizionario, contare le macchine verdi alla fermata dell'autobus, cercare suo padre nei tubi e le crêpe con la marmellata di lamponi.
Fred l'eroe dell'autobus del 77 ama incondizionatamente Albert, un amore pulito e innocente il suo, Fred un uomo fragile e forte al tempo stesso, buffo e ingenuo, un uomo a cui restano cinque dita di vita che sembrano poche ma forse sono abbastanza.
Albert il saggio e Fred il testardo sempre insieme malgrado tutto, i loro strambi dialoghi assurdi, esilaranti, a volte esasperanti ma così essenziali, ci strappano più di un sorriso.
Albert cerca qualcosa che faccia luce sul suo nebuloso passato, una vecchia cassetta silenziosa, un baule polveroso, vecchi adesivi.
Fred e i suoi tesori custoditi gelosamente, i suoi beni più preziosi, un vecchio disegno, un barattolo di latta ammaccato, un dizionario, un bolide verde.
Un romanzo dalla scrittura diretta, avvincente e appassionante, una narrazione che alterna il presente, la storia di Albert e Fred, al passato, la voce di Julius che si perde in epoche lontane, in paesaggi fiabeschi e misteriosi, in atmosfere oscure, in ricordi lontani, dolorosi e indelebili, vecchie storie, il calore del fuoco che brucia, amori proibiti, una passione insana, un lago incantato, una brutta guerra.
I personaggi del passato e del presente vanno a comporre poco a poco quell'enigma indecifrabile, portandosi appresso vite complicate, destini oscuri, vecchi peccati, inconfessabili segreti.
Jasfe e Josfer l'origine di tutto, e poi Anni bionda e paffuta, il suo unico amore e i suoi oscuri segreti, Klondi e il suo doloroso passato, Violet giovane e intraprendente, suor Alfonsa pragmatica e indecifrabile, Julius la voce del passato che irrompe nel presente, Julius e i suoi silenzi, i tanti amori, quella disperata solitudine, il personaggio più complesso e oscuro.
Un romanzo che parla di amore intenso, brutale, disperato, impossibile, amicizia autentica, segreti, una saga familiare appassionante, un sentiero che si perde nel bosco, buio fitto e squarci improvvisi di luce intensa, che dalla seconda guerra mondiale, da un paesino dell'Alta Baviera arriva fino al presente, a un ragazzo che vuole conoscere con tutte le sue forze chi l'ha messo al mondo.
Un libro a cui non puoi fare ameno di pensare anche dopo averlo finito, che ti rimane appiccicato addosso, con immagini a volte brutali e spietate, a volte tenere e commoventi.
Cenere che volteggia nell'aria, fuoco che divora, acqua che purifica, un abito da sposa candido, amore che salva e condanna, errori imperdonabili, maternità negate, una donna che non sa essere madre o forse lo è a suo modo.
Un legame tra un padre e un figlio, improbabile, fortissimo, un legame che è tutto quello che conta davvero.
Un libro che fa sorridere e commuovere, se fosse una canzone sarebbe una di quelle di Frank Sinatra, se fosse un colore sarebbe bianco abbagliante e rosso intenso, se fosse un aggettivo sarebbe estasiante.
Un romanzo davvero estasiante.
***
"Qualche giorno dopo il desiderio si realizzò. Lo aveva seguito nel bosco e adesso stava proprio davanti a lui, a meno di cinque passi di distanza. Poi successe tutto velocissimo: lui disse qualcosa, lei disse qualcosa, lui si avvicinò, la annusò, si inebriò del suo profumo genuino, allora lei parlò, e anche lui parlò, e le sfiorò i capelli, e lei sputò fuori parole, parole e ancora parole, frasi inquietanti che lo spaventarono e in cui lei si perse, frasi che lei ammucchiò attorno a sé quasi a formare un muro, un muro di crudeltà, che lui dovette distruggere prendendola a schiaffi, e poi non riuscì più a toglierle la mano dalla guancia, quella guancia rosa, nemmeno quando lei lo schiaffeggiò a sua volta e gli lasciò la mano sulla barba, addirittura la accarezzò con un dito, l'indice, solo per un attimo, e Arkadiusz se ne accorse, se ne accorse quando si guardarono negli occhi e vide il fondo del mare, lo sentì, sulla guancia e con le dita, quando disse "Anni" e si diede la spinta, sfrecciando su, su, sempre più su, fino a spaccare la superficie, fino a riempirsi i polmoni di aria e il cuore della voce di Anni."