Il mondo deve sapere, Michela Murgia
"Guarda bene, ragazza.
Se resti non permettergli mai di ridurti a pensare che vali solo quello che ti pagano."
Molti anni fa feci un colloquio di lavoro, l'annuncio era vago e nebuloso.
Intuii che qualcosa non andava quando il responsabile mi chiese "il bagagliaio della tua auto è grande"?
Lì mi accorsi che dietro il fumoso annuncio c'era proprio lui, il famigerato Kirby e il bagagliaio della mia macchina doveva essere abbastanza capiente per contenere l'ipertecnologico esemplare.
Eravamo in tanti, ragazzi e ragazze alle prime armi alla disperata ricerca di un lavoro, studenti, neo laureati, alcuni accompagnati dai genitori speranzosi, ma anche persone adulte, disoccupati di lungo corso e nessuno aveva capito di cosa si trattasse esattamente.
All'epoca avevo una 500 con un bagagliaio microscopico, la testa tra le nuvole e non ero interessata a vendere il miracoloso aspirapolvere americano a casalinghe annoiate e diffidenti.
L'avventura si concluse lì.
Il libro racconta proprio questo.
Un'analisi lucida e ironica del pianeta call center.
In origine nato come blog, poi romanzo breve, in cui la scrittrice raccontava la sua tragicomica esperienza all'interno del call center del noto aspirapolvere.
Se alcuni call center sono essenziali per assistenza tecnica e quant'altro, altri rispecchiano purtroppo l'amara realtà descritta nel libro, da cui è stato tratto il celebre film Tutta la vita davanti.
Le frasi motivazionali imbarazzanti, come se bastasse una formula magica per risolvere un problema lavorativo complesso, il prendere di mira senza motivo una persona soltanto perché non piace la sua faccia, la logica del profitto a discapito della dignità umana e gli imbarazzanti co.co.co che ancora imperversano nell'inferno del sommerso e della disoccupazione.
Per non parlare della pressione psicologica, del mobbing strisciante, della svalutazione personale, del considerare l'essere umano un numero, prendendosela spesso con persone elette a capro espiatorio, come Fantozzi utilizzato a mo' di parafulmine aziendale (letteralmente), il tutto per vendere un aspirapolvere o un contratto, poco cambia.
Se non vendi non è perché in alcuni casi è oggettivamente difficile se non impossibile raggiungere quegli standard di vendita, ma il problema sei tu e solo tu e te lo fanno capire e pesare in modo poco simpatico, per usare un eufemismo.
La scena riprodotta perfettamente nel film della ragazza sfigata e "improduttiva" cacciata via e bollata a mo' di esempio di "negatività" per tutte le altre ragazze, è emblematica.
Come se la presunta negatività della ragazza "il non avercela fatta" (a fare che?!?) fosse contagiosa per tutte le altre, un marchio indelebile.
Se volete farvi un'idea provare per credere, il famigerato aspirapolvere è ancora tra noi 😉
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"Perchè la gente non realizza che davanti a cose del genere può anche dire semplicemente "vaffanculo"?